Capita sempre così: organizzi con mesi e mesi di anticipo googlando come una forsennata tutte le compagnie aeree, booking, air b&b, trivago e chi più ne ha più ne metta, prenoti finalmente il weekend che vuoi da un sacco di tempo e poi in due giorni finisce il sogno.
Ed ecco qui che è successo per l’ennesima volta, nella destinazione che bramavo da un sacco di tempo e che mi ha ospitato in questo fine settimana e a cui ho dovuto già dire un immenso “ci vedremo di nuovo e spero presto, Amsterdam“.
Diversamente da come mi aspettavo sarebbe andata -vedi Giucas Casella e il suo bong- ho passato due giorni meravigliosi in una città estrema ma bellissima.
Sembra di essere ancora lì. Tra i canali, le case storte, l’odore di Maria che ricopre tutti gli altri tranne quello degli ormoni maschili nel quartiere a luci rosse, le bici che non smettevano di suonare il loro fucking campanello trecento volte al secondo perchè la città è solo loro, i parcheggi delle macchine a un pelo dal margine del fiume, abitazioni che non solo sembravano caderti addosso ma ti rendono anche più fatto di quelli appena usciti dai coffee shop perchè -sono storte loro o sono storto io?-, le mille scale, i tram che corrono come Ferrari e sticavoliseseiinmezzoallastradaperchèiotiseccosevoglio, Van Gogh e il suo museo, i tulipani e chi più ne ha più ne metta.
Una città simbolo di follia e trasgressione, ma anche eleganza e magia.
Una città forte ma al momento stesso romantica.
Una città bella, di quelle che devi necessariamente vedere almeno una volta nella vita, e in cui devi tornare perchè la prima volta la giri, la guardi e ti ingozzi di patatine, la seconda ti fai come le mine e non ti ricordi nemmeno di esser partito.